Quando sentivi parlare un Sir Winston Leonard Spencer Churchill, un Giulio Andreotti, un Aldo Moro, un Palmiro Togliatti, un Enrico Berlinguer, beh potevi non condividerli ma c’era sempre qualcosa da imparare.
La loro cultura era immensa, la caratura elevata, e forse la capacità di agire “sotto sotto” non era da meno delle altre loro virtù.
I nostri diplomatici di oggi, invece, sono entrati nell’alveo dei numeri primi per caso. Si intende, in politica, numeri primi per caso, quelli che sedendo in una poltrona da primo Ministro o ministro per gli Esteri non hanno una idea del loro reale mestiere e quindi parlano a nome di un paese esprimendo liberamente le loro opinioni del momento nazionalpopolari ma davvero poco politiche e soprattutto non di un politico di caratura nazionale.
In Italia per ora, ma al peggio non c’è mai fine, abbiamo toccato il fondo con Luigi di Maio che in un solo mandato è stato capace di chiosare: “i nostri fratelli russi” discorso pronunciato in una base militare, Pratica di Mare, quando i russi sono scesi con propri mezzi e uomini calpestando un suolo condiviso con gli Stati Uniti, nei giorni del Covid. Eppoi lo abbiamo sentito dire: “Quel macellaio di Putin” quando la Russia ha dato vita all’operazione speciale in Ucraina.
Ma di esempi illustri ce ne sono tantissimi, se saliamo di grado e guardiamo all’Europa troviamo Josep Borrell y Fontelles, spagnolo con cittadinanza argentina, nobilissimo di natali e ora Alto rappresentante europeo per gli Affari esteri e la politica di sicurezza che è diventato noto per le sue gaffe di geopolitica e geografia.
L’ultima in ordine di tempo è del 12 dicembre, quando Borrell ha confuso la Russia con l'Ucraina, promettendo sanzioni a Teheran per il sostegno a Kiev. Lui stesso in una intervista televisiva ha dichiarato: “Venerdì sera ho avuto una lunga conversazione con il ministro degli Esteri iraniano. Ho parlato della pena di morte, espresso preoccupazione e condanna da parte dell’UE". Ha anche parlato delle sanzioni dell'Unione Europea, che saranno imposte contro “l'Iran per motivi umanitari, oltre che per il sostegno iraniano all’Ucraina”.
Ma a vincere in questa classifica è Joe Biden. Esistono interi siti web e classifiche sulle gaffe del presidente degli Stati Uniti; il due novembre per esempio dichiarò alla stampa che «L'inflazione è colpa della guerra in Iraq». Peccato che intendesse quella ucraina-russa.
Se vi rivolgete a oriente, invece vi accorgerete che i diplomatici non solo sono posati, misurati, lontani dal linguaggio gergale e scurrile, ma sono molto colti e pronti a eludere domande scomode portando la conversazione su binari diversi da quelli su cui si è iniziata.
Il ministro per gli Esteri cinesi Wang Li per redarguire il Giappone sui loro rapporti con Taiwan ha dichiarato: “Le questioni di principio più importanti alla base della relazione tra Cina e Giappone, non dovrebbero essere minimamente offuscate”. Tokyo e Pechino, ha detto Wang, devono “evitare errori come il disaccoppiamento e l’interruzione delle catene di fornitura”.
Un tono come dire eloquente.
Stesso dicasi per Sergej Lavrov che in una recente dichiarazione sulla questione siro-turca ha riferito, per tirare le orecchie al suo partner più scomodo, la Turchia: “La Russia intende lavorare sodo per garantire che non vi siano violazioni dell'integrità territoriale della Siria”. E a chiusura di intervista con la Tass, agenzia di stampa russa, ha ribadito: “Ci impegneremo fermamente per garantire che non vi siano violazioni dell'integrità territoriale della Siria".
Lavrov ha richiamato l'attenzione sul fatto che i paesi partecipanti al formato Astana (Russia, Iran e Turchia) hanno recentemente confermato la loro posizione sull'integrità territoriale della Siria al prossimo incontro ad Astana. "Nell'ambito di questi accordi, ci interessa il fatto che, sulla base dell'Accordo di Adana tra Turchia e Siria, che rimane in vigore, questi due Paesi, attraverso la ripresa del dialogo, sembra che ora ci siano i presupposti per questo, risolvere questioni specifiche per garantire la sicurezza delle frontiere, tenendo conto delle legittime preoccupazioni della Turchia, che la leadership siriana riconosce”.
Come a dire: ragazzi state calmi… ma detto in diplomatese. Chissà se anche da questa parte del globo torneranno i diplomatici a parlare di dialogo, a mettere in campo strategie intellettuali e a rinfrancarci con quel linguaggio complesso, articolato ma tanto educato che ci manca tanto.
AGATHA