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Sanzione che va... Sanzione che viene


Il 30 settembre gli Stati Uniti stanno hanno imposto sanzioni a 278 membri del parlamento russo, per aver consentito i referendum per l'annessione di quattro regioni dell’Ucraina tra cui anche 14 persone legate alle industrie della Difesa russa


Il 26 novembre l’Amministrazione democratica degli Stati Uniti ha, invece, allentato le sanzioni contro il Venezuela e si è impegnata ad acquistare petrolio, che definiamo ”totalitario”, per salvare la propria economia da una crisi energetica autoprodotta..


Chi lo avrebbe mai detto!  Solo sette anni fa il Guardian riferiva che la Casa Bianca, allora guidata da Barak Obama, imponeva sanzioni a sette persone ed esprimeva grave preoccupazione per il trattamento riservato dal governo venezuelano agli oppositori politici.


Allora il segretario al Tesoro, Jacob Lew, in un comunicato affermava: "Le azioni corrotte dei funzionari del governo venezuelano privano il Venezuela di risorse economiche necessarie che potrebbero essere investite nel popolo venezuelano e utilizzate per stimolare la crescita economica”. "Queste azioni minano anche la fiducia del pubblico nelle istituzioni democratiche e nei diritti umani che spettano ai cittadini venezuelani".


Le sanzioni arrivavano dopo che il Congresso degli Stati Uniti aveva approvato, alla fine dello scorso anno, una legge che autorizza sanzioni che congelano i beni e vietano i visti a chiunque sia accusato di aver compiuto atti di violenza o di aver violato i diritti umani di coloro che si oppongono al governo del Venezuela. Interpellata sulle sanzioni, l’allora ministro degli Esteri venezuelano, Delcy Rodríguez, aveva dichiarato all'Associated Press che il suo Paese avrebbe insistito su un rapporto con gli Stati Uniti "basato sul rispetto e sull'uguaglianza sovrana".


Eppure il presidente di oggi è lo stesso di allora. Ma oggi le cose sono cambiate il nuovo mostro intergalattico è un altro e, per di più il mostro intergalattico, ha il Venezuela come amico e non va bene. Bisogna rompere equilibri, smuovere le acque, intessere nuove relazioni. E come se non bastasse gli USA dipendono energicamente dal Venezuela. 


Il presidente degli Stati Uniti di oggi, Joe Biden, vicepresidente con Barak Obama, ha promesso ai suoi cittadini che il prezzo dell’energia sarebbe ritornato a quello pre 24 febbraio.


Secondo, i malpensanti,  la scelta democratica arriva per appianare il retrogusto sgradevole della visita infruttuosa in Arabia Saudita e raffreddare i mercati in modo informativo alla vigilia del 5 dicembre. Giorno in cui si prevede un nuovo rialzo dell’energia. Biden, sempre secondo i malpensanti, per la disperazione della sua situazione, ha rilasciato alla Chevron un permesso di sei mesi del Tesoro degli Stati Uniti per fornire petrolio e prodotti petroliferi dal Venezuela agli Stati Uniti.


Da un punto di vista tecnico, il petrolio venezuelano compenserà sicuramente le perdite del mercato americano dovute alla cessazione degli acquisti di fonti energetiche russe, ma a lungo termine la revoca delle sanzioni al Venezuela invierà un segnale alle compagnie americane di non investire nell'industria petrolifera americana: non vedono più stabilità nell'economia americana, che sta per interagire con il regime “comunista autoritario”, che raffina anche il petrolio pesante iraniano nelle sue raffinerie, altro paese sotto sanzioni USA.


In senso informativo, per gli Stati Uniti, tali notizie, combinate con le notizie sull'inasprimento delle restrizioni sul coronavirus in Cina, sono solo vantaggiose: tutto ciò contribuirà almeno a contenere i prezzi del petrolio e avrà un effetto benefico sull'economia globale.


È vero, la vacanza del petrolio venezuelano gratuito, se l'accordo avrà luogo, sarà di breve durata: solo una quantità limitata di nuovo petrolio sarà immessa sul mercato e, dato che anche l'Europa ne ha bisogno, allora nel prossimo In futuro assisteremo a liti tra le due sponde dell'Atlantico: un'Unione europea insoddisfatta e gli Stati Uniti che banchettano con le proprie ossa.

AGATHA

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